Meno aziende agricole ma di dimensioni maggiori, cresce la presenza di manodopera non familiare e aumenta il peso delle donne nella gestione manageriale, mentre rimane limitato il ruolo dei giovani nella conduzione delle aziende. Primi segnali evolutivi anche nei modelli organizzativi aziendali con l’aumento delle società di persone e di capitali, e la riduzione di quelle individuali e familiari, che rimangono comunque largamente predominanti. Crescono, infine, le attività connesse, l’utilizzo di tecnologie informatiche e gli investimenti in innovazione tecnologica. Ecco l’istantanea dell’agricoltura italiana che emerge dai primi risultati del 7° Censimento generale dell’agricoltura, diffusi dall’Istat il 28 giugno scorso.
L’Istat ha diffuso i primi risultati del 7° Censimento generale dell’agricoltura, svolto tra gennaio e luglio 2021, con riferimento all’annata agraria 2019-2020. Dati che restituiscono una fotografia puntuale del settore agricolo e zootecnico e offrono una lettura approfondita che abbraccia una pluralità di temi – dalle caratteristiche del conduttore all’ utilizzo dei terreni e consistenza degli allevamenti, dai metodi di gestione aziendale alla multifunzionalità fino alla manodopera impiegata.
Aziende e superfici
A ottobre 2020 risultano attive in Italia 1 milione 133 mila aziende agricole, il 30% in meno rispetto all’ultimo censimento, quello del 2010 e la metà rispetto al precedente del 2000. Andando ulteriormente a ritroso nel tempo si osserva che rispetto al 1982, anno di riferimento del 3° Censimento dell’agricoltura, i cui dati sono comparabili con quelli del 2020, sono scomparse 2 aziende su tre, con una riduzione più accentuata nell’arco degli ultimi vent’anni.
Alla contrazione del numero di aziende corrisponde tuttavia una flessione molto più contenuta della superficie agricola utilizzata, che denota un processo riorganizzativo del tessuto produttivo, con fenomeni di concentrazione dell’imprenditoria e la fuoriuscita dal mercato delle aziende meno competitive, prevalentemente di piccole dimensioni e a gestione familiare.
Alcuni segnali di cambiamento si ravvisano anche nella forma giuridica. Le aziende individuali o familiari, pur continuando a rappresentare il profilo giuridico ampiamente più diffuso nell’agricoltura italiana ( il 93,5% nel 2020), sono le uniche in chiara flessione rispetto al 2010 mentre aumenta l’incidenza società di persone (da 2,9% a 4,8%) e di capitali (da 0,5% a 1%). Nel corso del decennio si sono poi sensibilmente ridotte le aziende agricole che coltivano terreni esclusivamente di proprietà, mentre risultano in crescita tutte le altre forme di titolo di possesso, come ad esempio i terreni in affitto (da 4,7% a 10,1% del totale), la combinazione tra proprietà e affitto, che si conferma la seconda forma più diffusa dopo la sola proprietà (da 9,8% del 2010 a 12,5% del 20206 ) e l’uso gratuito ( da 3,8% a 6%) e la combinazione tra proprietà e uso gratuito (da 5,6% a 8,7%). La flessione media registrata per il complesso delle aziende trova riscontro nell’intera Penisola, con segni meno più marcati nelle regioni meridionali, Campania in primis ( -42%), e riduzioni più contenute al Nord, con le province autonome di Bolzano/Bozen e Trento che cedono rispettivamente l’1% e il 13% e la Lombardia che fa registrare un -14%.
Destinazione di utilizzo dei terreni
Sostanzialmente invariata negli ultimi dieci anni è invece la destinazione di utilizzo dei terreni agricoli, con oltre la metà della Superficie Agricola Utilizzata coltivata a seminativi (57,4%), un 25% destinata a prati permanenti e pascoli, il 17,4% a legnose agrarie e il restante ad orti familiari (0,1%). Tra i seminativi, i più diffusi sono i cereali per la produzione di granella (specie di frumento duro), mentre tra le coltivazioni legnose agrarie si conferma la leadership dell’olivo, seguita dalla vite, dagli alberi e dai fruttiferi con in testa i meleti tra la frutta fresca e i noccioleti, tra quella in guscio. Per quanto riguarda la zootecnia, al 1° dicembre 2020 in Italia si contano 213.9848 aziende agricole con capi di bestiame (18,9% delle aziende attive) e 203 milioni di animali allevati.
La forza lavoro nelle aziende agricole
Il Censimento 2020, pur confermando la predominanza della manodopera familiare (98,3%) rispetto a quella non familiare, evidenzia più marcatamente rispetto al passato l’evoluzione dell’agricoltura italiana verso forme gestionali maggiormente strutturate, che si avvalgono anche di manodopera salariata. Nel decennio cresce infatti la percentuale di aziende nelle quali è presente manodopera non familiare (da 13,7% a 16,5%). La tipologia più diffusa di manodopera non familiare è quella saltuaria che concorre per il 66,4% al totale . Di contro, la manodopera assunta in forma continuativa, pur rappresentando solo il 26,8% di quella non familiare, fornisce il maggior contributo medio di giornate annue pro-capite lavorate
Imprenditoria femminile e giovanile
La presenza femminile nelle aziende agricole, nel complesso, diminuisce rispetto a dieci anni prima. Nel 2020 le donne sono il 30% circa del totale delle persone occupate contro il 36,8% del 2010. All’interno delle aziende agricole si è invece consolidata la partecipazione delle donne nel ruolo manageriale. I capi azienda sono donne nel 31,5% dei casi (30,7% nel 2010). Al contrario è ancora limitata la presenza di capi azienda nelle fasce di età più giovanili: nel 2020, i capi azienda fino a 44 anni sono il 13%, dal 17,6% del 2010. Quanto al livello di istruzione dei capi azienda, l’Istat indica che quasi il 59% dei conduttori ha un titolo di istruzione scolastica fino alla terza media o nessun titolo mentre solo il 10% è laureato, una percentuale in crescita rispetto al poco più del 6% rilevato nel 2010.
Le attività connesse a quella primaria
Nel 2020 cresce la quota di aziende che hanno diversificato l’offerta, dedicandosi ad altre attività remunerative, connesse a quelle agricole. Si tratta di poco più di 65 mila aziende, che rappresentano il 5,7% delle aziende agricole del 2020 (4,7% nel 2010). Tra le attività connesse, le più diffuse sono l’agriturismo, le attività agricole e non agricole per conto terzi e la produzione di energia rinnovabile (16,8%)
Digitalizzazione e innovazione
In dieci anni si è poi quadruplicata l’informatizzazione delle aziende agricole: nel 2020 il 15,8% delle aziende agricole usa computer o altre attrezzature informatiche o digitali per fini aziendali, una quota oltre quattro volte superiore a quella rilevata con il Censimento del 2010. Nel decennio, l’incremento della digitalizzazione ha interessato tutte le regioni italiane, contribuendo a ridurre le disparità regionali.
Nonostante questo incremento generalizzato, la distribuzione territoriale delle attrezzature informatiche continua a penalizzare il Sud (solo il 6,7% delle aziende informatizzate è localizzato in tale ripartizione) e le Isole (10,3%) che tuttora soffrono di un forte divario rispetto al Centro (16,1%), al Nord-ovest (32,9%) e soprattutto al Nord-est (33,5%), trainato dalle province autonome di Trento (52,8%) e Bolzano (60,8%).
La digitalizzazione delle aziende agricole è strettamente legata al profilo del capo azienda e al genere. Nonostante il processo di digitalizzazione abbia riguardato anche l’universo femminile, le aziende gestite da uomini continuano a essere più informatizzate rispetto a quelle con un capo azienda donna (17,7% verso 11,6%). Le aziende con a capo un under45 sono poi quattro volte più informatizzate rispetto a quelle gestite da un capo ultrasessantaquattrenne (32,2% e 7,6%). Anche il titolo di studio è particolarmente significativo, con una forte correlazione positiva tra livello di istruzione, dimensione aziendale e ricorso alle tecnologie informatiche.
Relativamente infine all’innovazione, emerge dall’indagine censuaria che in media un’azienda su 10 ha effettuato almeno un investimento innovativo tra il 2018 e il 2020. I maggiori investimenti innovativi sono stati rivolti alla meccanizzazione, seguono l’impianto e la semina, la lavorazione del suolo e l’irrigazione. Così come per la digitalizzazione emerge una maggiore propensione innovativa delle aziende agricole più grandi e di quelle gestite da uomini, giovani e laureati.