Quali sono state le conseguenze del conflitto in Ucraina per il settore agroalimentare nazionale? A un anno dall’invasione russa, Ismea ha fatto il punto sull’impatto sul settore relativamente all’impennata dei prezzi delle materie prime e all’andamento degli scambi commerciali che sconfessano, almeno in parte, gli scenari apocalittici evocati all’indomani dello scoppio della guerra
Gli ultimi mesi del 2022, sottolinea l’Istituto, sono stati caratterizzati dal perdurare della crisi energetica e dell’instabilità geopolitica; tuttavia, a chiusura dell’anno si è registrata una graduale decelerazione delle spinte inflazionistiche, innescata dal calo dei prezzi dei prodotti energetici e da una politica monetaria restrittiva nei principali paesi.
Anche i listini delle commodity agricole, misurati dall’indice FAO, dopo gli aumenti di inizio anno imputabili a fattori diversi (scarsità di offerta per alcuni prodotti agricoli e aumenti dei costi logistici) e ulteriormente gravati nel corso del 2022 delle conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina, nella seconda metà dell’anno hanno cominciato a ridursi. Nel mese di gennaio 2023 l’indice complessivo continua a segnalare riduzioni dei prezzi delle commodity e, in particolare, continuano a calare le quotazioni degli oli vegetali rispetto al mese precedente (con -24% rispetto a gennaio 2022), mentre i cereali si assestano a gennaio sullo stesso livello di fine anno, con l’indice che si mantiene superiore solo del 5% rispetto a gennaio del 2022.
Sui mercati agricoli nazionali, dopo le fiammate dei listini che hanno contraddistinto gran parte del 2022 si rilevano i primi segnali di normalizzazione degli scambi. Alla terza settimana di febbraio, i prezzi rilevati in Italia sulle principali piazze di contrattazione hanno evidenziato una tendenza flessiva. In particolare, il prezzo del frumento duro si è attestato a 414,53 euro/t, in calo del 16,5% rispetto marzo 2022 mantenendosi, tuttavia, più elevato del 16% rispetto al prezzo medio del 2021. Sulle dinamiche del grano duro, rispetto alle quali il conflitto ancora in corso non ha alcuna connessione diretta come è stato più volte sottolineato dall’Ismea, ha influito il recupero della produzione canadese (+79% a 5,4 milioni di tonnellate nel 2022), dopo il dimezzamento subito nel 2021.
Nel caso del frumento tenero, prezzi si sono attestati a febbraio 2023 sui 324,47 euro/t, ovvero il 17% in meno rispetto a inizio conflitto. A determinare la graduale flessione dei listini è stato soprattutto l’accordo che ha consentito il passaggio delle navi con produzione russa e ucraina attraverso il Mar Nero, in un contesto di raccolti mondiali su livelli record nel 2022 (796 milioni). Anche il mercato del mais, influenzato dalla guerra, con l’Ucraina terzo fornitore mondiale, ha registrato una flessione dei prezzi ( -19% a febbraio 2023 rispetto al record di 382,05 euro/t di marzo 2022), ma il calo della dell’offerta e delle scorte nel 2022 fanno prevedere quotazioni sostenute anche nei prossimi mesi. Con riferimento ai prodotti proteici a destinazione mangimistico-zootecnica, Ismea segnala anche il calo dei prezzi della soia (-138% su marzo 2022).
Per quanto riguarda infine gli scambi commerciali, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russa, non ha portato i temuti sconvolgimenti e, se i flussi di prodotti di provenienza russa, ancorché limitati, hanno effettivamente fatto registrare un rallentamento sensibile, i flussi di provenienza ucraina hanno molto spesso evidenziato degli importanti segni più, grazie alla Black Sea Grains initiative prorogata però fino alla prossima metà di marzo.
Se l’analisi di Ismea restituisce un quadro che muove verso una progressiva normalizzazione delle dinamiche del mercato, nuove nubi si stagliano all’orizzonte, prefigurando nuovamente scenari non certo rosei.
Per quanto riguarda il corridoio marittimo che ha permesso finora al grano Ucraino di varcare i confini nazionali e che è in scadenza il 18 marzo, La Russia ha consentito a prorogarlo di soli due mesi anziché i previsti 120 giorni, ponendo come condizione la cessazione dell’embargo sull’export russo degli stessi prodotti agricoli. Ma la minaccia ancora più grande è rappresentata dalla drammatica situazione delle campagne Ucraine, dove le prossime operazioni di semina sono messe a rischio dalle mine disseminate nei campi e molti contadini verranno coinvolti nelle operazioni i militari in vista dell’imminente controffensiva russa.
Come se non bastasse l’Argentina, primo esportatore mondiale di soia lavorata e terzo per il mais, è alla prese con la siccità più grave degli ultimi 60 anni con attese produttive previste in forte ribasso sia per la soia (27 milioni di tonnellate a fronte dei 47 stimati a inizio del ciclo produttivo) e per il mais (35 milioni di tonnellate contro i 55 di agosto) .