Il sistema delle Dop e Igp italiane ha archiviato un 2019 positivo e in linea alla crescita registrata negli ultimi 10 anni. Secondo I dati contenuti nell’ultimo rapporto Ismea- Qualivita , presentato in videoconferenza l’11 dicembre scorso, il giro d’affari alla produzione del settore ha sfiorato complessivamente i 17 miliardi di euro, con un incremento di oltre il 4% sull’anno precedente. Per il 2020 è già cominciata, imvece, la conta dei danni.
Ma come quest’anno i dati presentati nell’ultimo rapporto sulle Dop e Igp fotografano un contesto reso precocemente obsoleto a causa degli eventi che hanno caratterizzando il 2020 e che avranno una ricaduta molto significativa anche sul percorso di sviluppo futuro del settore.
Anche il mondo delle produzioni tipiche certificate ha subito infatti l’impatto della crisi pandemica. L’emergenza sanitaria ha minato alcuni dei pilastri su cui si è retto finora lo sviluppo del settore, in primis il turismo eno-gastronomico, spazzato via dalle forti restrizioni alla mobilità delle persone e dall’azzeramento dei flussi provenienti dall’estero, il consumo fuori casa, decisamente ridotto dalle limitazioni imposte al canale Ho.re.ca e infine l’export che dopo anni di crescita ha registrato un evidente rallentamento, se non una vera a propria battuta d’arresto.
Per il vino a IG, ad esempio, si stima per tutto il 2020 una perdita di fatturato conseguente alla riduzione del consumo on trade di oltre 1 miliardo di euro, una riduzione stimata dell’ export di circa 200 milioni di euro e una perdita di circa 1,5 miliardi da fatturato per l’enoturismo, un’attività strettamente connessa ai circuiti del vino IG. Analogamente, per i formaggi a IG si stima una perdita di oltre 200 milioni di euro relativamente al canale Ho.re.ca e una riduzione delle spedizioni all’estero pari a circa 100 milioni di euro rispetto al 2019; mentre per quello dei salumi la perdita del fatturato per le restrizioni del circuito extradomestico potranno comportare minori introiti per oltre 120 milioni di euro sul mercato interno e 30 milioni su quello estero.
La chiusura e le restrizioni della mobilità hanno profondamente modificato le modalità di acquisto, consumo e la composizione stessa del carrello della spesa agroalimentare, favorendo il definitivo l’affermarsi della spesa online, fino ad oggi fenomeno assolutamente trascurabile, accelerando la crescita del food delivery, ma anche determinando la rinascita del dettaglio tradizionale e un maggiore orientamento verso i punti vendita di prossimità e i prodotti locali o comunque nazionali. Tutti fenomeni questi, che una volta entrati nel vissuto del consumatore tenderanno a condizionare anche in futuro le decisioni di acquisto, tracciando pertanto le coordinate sulle quale ridisegnare le nuove strategie produttive, commerciali e organizzative.
Anche in questo contesto di crisi e di incertezza, il sistema delle Dop Igp può fare tuttavia affidamento ad alcuni importanti fondamenti che sono alla base anche delle recenti politiche comunitarie per una crescita inclusiva e sostenibile. Elementi come la sostenibilità ambientale, sociale ed economica dei sistemi produttivi, la garanzia di cibo sano e di qualità, la ricerca di equità sociale e sicurezza alimentare, la tutela della biodiversità e dei territori, enunciati dalla Ue nell’ambito delle Strategie del New green Deal, Biodiversità e Farm to Fork , appartengono infatti al Dna stesso delle Indicazioni geografiche e potranno fornire un importante impulso per la ripartenza nel post Covid.
I dati del XVIII Rapporto Ismea-Qualivita
Con un valore complessivo stimato di 16,9 miliardi di euro della produzione, il mondo delle Dop e Igp alimentari e vinicole ha raggiunto nel 2019 un’incidenza di quasi il 20% del fatturato complessivo del settore agroalimentare nazionale. Questi risultati sono frutto di un sistema complesso e strutturato, che coinvolge 180mila operatori, organizzati in 285 Consorzi di tutela riconosciuti dal Mipaaf e che ha ricadute economiche in tutte le province italiane, seppure con una forte concentrazione del valore in alcune aree.
Da sottolineare, comunque, che nel 2019 si registra una variazione positiva dell’impatto economico per ben 17 regioni su 20 in Italia, un dato che conferma il trend registrato ormai da qualche anno, ovvero un’ evoluzione che va oltre i grandi distretti produttivi grazie alla crescita e l’affermazione di poli di economia diffusa intorno alle produzioni Dop Igp in vari territori d’Italia. Dati economici, quindi, che dipendono soprattutto dal consolidamento delle grandi produzioni certificate, ma sono frutto anche dell’affermarsi di filiere “minori” e dei nuovi prodotti a denominazione. Nel solo comparto cibo oltre 50 milioni di valore alla produzione afferiscono a prodotti registrati negli ultimi 5 anni, mentre è vicino al mezzo miliardo di euro il valore delle IG certificate a partire dal 2010.
L’export delle Dop e Igp fa registrare ancora una volta performance importanti, con una crescita del valore del +5,1% sull’anno precedente, raggiungendo i 9,5 miliardi di euro per un peso del 21% nell’export agroalimentare italiano. Il contributo maggiore a questo risultato è fornito dal comparto dei vini con un valore di oltre 5,6 miliardi, ma anche l’export del solo food registra un +7,2% su base annua. Risulta quindi confermato il trend di crescita degli ultimi anni (+162% nel decennio) e che consolida ulteriormente il ruolo guida all’estero della qualità certificata.
Sul mercato interno si è espressa una generale migliore evoluzione delle vendite alimentari delle indicazioni geografiche rispetto agli omologhi convenzionali: considerando solamente le vendite a peso fisso nella GDO, nel 2019 si ha una crescita del +4,6% per le produzioni alimentari e vitivinicole tutelate dal marchio Ue, a fronte di un +2,1% del totale agroalimentare (+2,1%). Anche nel primo semestre del 2020, sulla scia del generale incremento delle vendite nei punti vendita della distribuzione organizzata, innescato dall’emergenza Covid-19, gli acquisti dei prodotti Dop e Igp hanno messo a segno un incremento del 12%, ancora una volta maggiore rispetto all’agroalimentare nel suo complesso.