Riparte il mercato fondiario dopo lo stop causato dalla pandemia. Secondo l’indagine annuale del CREA Politiche e Bioeconomia nel 2021 si è registrato un aumento del 30% degli atti di compravendita, che compensa ampiamente la flessione accusata nel 2020 ( -12% sul 2019).
Un incremento ancora maggiore ha riguardato le superfici oggetto di transazioni, che per la prima volta sono state monitorate dall’indagine. Il 2021 ha visto una crescita delle superfici di quasi il 60%, sintesi del +70% del Nord Ovest e del Centro Italia e del +55% delle altre macro ripartizioni territoriali.
Relativamente ai prezzi di vendita, il CREA stima un aumento di appena l’1,1% a livello nazionale, non sufficiente a compensare il tasso d’inflazione che nel 2021 si è attestato all’1,9%. Epurato dagli effetti dell’inflazione, il valore della terra arretra quindi dello 0,8% in termini reali, confermando una tendenza in atto da oltre 15 anni e che ha portato a un deprezzamento del 12% rispetto al 2010, senza particolari differenze a livello di circoscrizioni geografiche.
Mediamente il prezzo dei terreni in Italia sfiora i 21.000 euro ad ettaro, con una sperequazione molto accentuata tra il Nord della penisola e le altre aree: si va infatti dai 42.300 euro a ettaro nel Nord Est ai 29.100 del Nord Ovest ai 15.000 Euro massimo nel resto d’Italia. La domanda si conferma molto elevata per i terreni più fertili e dotati di buone infrastrutture e nei comparti con maggiori prospettive di successo commerciale; una situazione, questa, che non sembra essere in procinto di mutare nonostante l’imminente riforma della PAC, attraverso la progressiva convergenza degli aiuti diretti al reddito, preveda un premio maggiore per le zone marginali a scapito di quelle più fertili di pianura.
Intanto il credito per l’acquisto di immobili in agricoltura, secondo Banca d’Italia, dopo la drastica battuta di arresto del 2020 (-42%), ha recuperato solo parzialmente nel 2021 tale riduzione, mettendo a segno un incremento del 14%, malgrado la forte crescita dell’attività di compravendita.
Quanto alle prospettive, pesa anche sul mercato fondiario l’incertezza che caratterizza l’attuale ciclo economico fortemente condizionato dalla difficile congiuntura internazionale. L’escalation dei prezzi delle materie prime e dei costi di produzione in agricoltura rende infatti difficile avanzare previsioni sull’andamento futuro del mercato.
Osservando invece il mercato degli affitti, emerge dall’ultimo censimento dell’agricoltura, come circa il 50% della Superfice Agricola Nazionale sia ormai coltivato con contratti di locazione (5 milioni di ettari) e di comodato gratuito (1,2 milioni ettari). Nell’ultimo decennio il ricorso all’affitto è cresciuto del 27%, e rappresenta oggi la componente principale della domanda di terra, ad esclusione delle zone in cui l’agricoltura è poco remunerativa (nelle aree montane e in quelle marginali). A trainare la domanda sono anche i giovani che intendono insediarsi per la prima volta in agricoltura e per i quali la scelta della locazione è un’alternativa più accessibile, data l’elevata immobilizzazione di capitali nel caso si intenda percorrere la strada dell’acquisto dei terreni.
Gli effetti della PAC sul mercato degli affitti, per il momento, sono legati alla fase di transizione in cui si trovano i vari regimi di sostegno in attesa che diventi operativa la nuova riforma a partire dal 2023. L’incertezza legata alla ancora scarsa conoscenza dei nuovi meccanismi di sostegno ha spinto i concedenti a limitare il più possibile la durata dei contratti, senza modifiche ai canoni, che infatti si sono mantenuti piuttosto stabili, in attesa di adattarli alle nuove regole in corso di approvazione anche in Italia.
I progetti per impianti di energia da fonti rinnovabili continuano ad incidere sul mercato degli affitti, forse in misura superiore a quanto accade nel mercato fondiario, almeno potenzialmente. Se da un lato, infatti, il mercato delle biomasse legato prevalentemente agli impianti per la produzione di biogas si è sostanzialmente stabilizzato e riguarda aree abbastanza circoscritte, dall’altro lato sta emergendo sempre più evidente l’interesse per l’installazione di impianti fotovoltaici a terra. Attualmente gli operatori non segnalano dinamiche particolari, forse perché rimane ancora in vigore il divieto di installazione sul suolo, ma la situazione potrebbe cambiare dai prossimi anni, sotto la spinta dei nuovi decreti, approvati nel 2022, a favore degli impianti cosiddetti “agrivoltaici” a cui il PNRR destina ingenti risorse finanziarie.
Per il prossimo futuro, emergono sempre più evidenti le preoccupazioni degli operatori per l’aumento dei costi di produzione non sempre corrispondente ad un altrettanto stabile aumento dei prezzi dei prodotti agricoli, a cui potrebbe aggiungersi una maggiorazione dei canoni di affitto. D’altra parte, anche i proprietari esprimono preoccupazione per le incertezze causate dal protrarsi del conflitto in Ucraina e da eventuali esiti negativi di un ritorno della pandemia. Il quadro congiunturale instabile non aiuta a trovare un equilibrio tra le aspettative dei contraenti.