Autore: Lara Z.
Si è insediato il 13 maggio a Bruxelles il gruppo di lavoro sulle colture industriali sostenibili in Europa. A rappresentare l’Italia c’è Gian Luca Bagnara, Senior Advisor di Ettore Fieramosca, economista specializzato in agribusiness ed economia del territorio, membro di lungo corso del gruppo di lavoro del Copa-Cogeca sempre a Bruxelles e del comitato di dialogo civile della Commissione Europea per il settore avicolo.

Dott. Bagnara come nasce questa task force e quali sono i suoi obiettivi?
Il gruppo è stato organizzato dal EIP-AGRI – Il partenariato europeo per l’innovazione agricola (EIP-AGRI) presso la Commissione – DG Agricoltura e mira a collegare le strategie dei piani di sviluppo rurale, in particolare i gruppi operativi, con la ricerca transnazionale europea promossa dal programma HORIZON. L’obiettivo del gruppo di lavoro è quello di valutare nuove opportunità di mercato e modelli di business che non vadano in competizione con la produzione alimentare, e che permettano di sviluppare sistemi agricoli sostenibili, creando valore per gli agricoltori nell’UE.
Il gruppo di lavoro raccoglie ricercatori, agronomi, agricoltori e consulenti aziendali provenienti da quasi tutti i Paesi della Ue, secondo lei il mix di figure professionali e nazionalità può servire a sviluppare e diffondere modelli di business innovativi per l’agricoltura?
Indubbiamente. Il confronto tecnico e scientifico fra professionalità di settori diversi ma complementari e fra Paesi con differenti esigenze socio-economiche ed ambientali permette di valutare e combinare modelli e obiettivi di livello più alto rispetto alle semplici visioni che un operatore di un Paese singolo può avere. Forse anche per questo, i Paesi dell’Unione Europea hanno il sistema agroalimentare più avanzato al mondo, sia come prodotti sia come garanzie al consumatore.
L’Italia sul fronte dell’innovazione sostenibile nel settore primario come si posiziona rispetto agli altri Partner europei?
L’Italia è il “vivaio” dell’Europa proprio per la ricchezza di ricerca e sperimentazione. Purtroppo, molto è basato sulla competenza e genialità dei singoli ricercatori ed operatori economici. Per generare innovazione la ricerca deve essere trasferita e implementata nell’impresa, e qui emergono i limiti del nostro sistema.
Per questo il gruppo di lavoro si prefigge i compiti di:
- Raccogliere esempi pratici e stimolanti e buone pratiche nella coltivazione di colture industriali in Europa senza sostituire la produzione alimentare.
- Individuare le catene del valore esistenti di materiali a base biologica in cui gli agricoltori hanno il potenziale per svolgere un ruolo sostanziale, attraverso accordi a lungo termine o partecipazione diretta, tenendo conto delle diverse condizioni bioclimatiche, degli agroecosistemi e delle forme di cooperazione lungo la catena.
- Discutere dei punti di forza e di debolezza delle catene del valore identificate, in particolare per quanto riguarda la diversificazione dei redditi degli agricoltori e le prestazioni ambientali dell’azienda e dell’intera catena del valore.
- Suggerire modelli di business innovativi per favorire collegamenti integrati tra produzione / attività / ricerca applicata.
- identificare ulteriori esigenze di ricerca dalla pratica e possibili lacune nelle conoscenze tecniche.
- Suggerire soluzioni innovative e fornire idee per i gruppi operativi EIP-AGRI e altri progetti innovativi.
Quali sono le peculiarità dell’agricoltura italiana rispetto ai maggior competitor europei come Francia e Spagna?
Innanzitutto in Italia non possiamo parlare di una semplice agricoltura ma di diverse agricolture. Ogni prodotto è di fatto un mondo a sé da un punto di vista tecnico-agronomico, ambientale, normativo e poi di mercato. In Italia abbiamo una ricchezza ma anche una complessità di prodotti e sistemi agricoli che la rende unica rispetto ad altri Paesi, dove il sistema produttivo agricolo è spesso fatto di poche colture di riferimento.
Un altro aspetto da sottolineare è la nostra competitività che non può essere basata sulla commodity, cioè sulla produzione della semplice derrata alimentare (come nel modello degli USA, del Sud America o di alcuni Paesi Europei) ma sul prodotto alimentare finito che possiamo valutare in tavola. È necessario quindi potenziare le politiche e le strategie di filiera agro-alimentare in uno scenario internazionale. Il nostro obiettivo deve essere quello di esportare le filiere non semplicemente i prodotti.
Secondo lei la politica del New Green Deal europeo riceverà maggior impulso nei piani di rilancio dell’economia post-Covid o subirà piuttosto un rallentamento?
Mi auguro che politici e stakeholders siano stati in grado di leggere attentamente il mercato e i sui comportamenti degli ultimi mesi. La domanda di garanzie e salubrità alimentare si è decisamente rafforzata durante la pandemia, anche in Paesi tradizionalmente più attenti agli aspetti legati al servizio e alle tecnologie come gli Stati Uniti. In questo, la politica del New Green Deal, integrata da quella specifica della biodiversità, non può che essere una opportunità per dare una spinta decisiva al sistema produttivo, offrendo risposte chiare per il mercato. Se perseguito con decisione il New Green deal può rafforzare leadership mondiale del sistema agroalimentare europeo e italiano in particolare.