A dicembre è stata annunciata la svolta green dell’Europa: un piano di investimenti senza precedenti nei prossimi trent’anni per rendere l’Unione il primo continente a emissioni zero al mondo. Sono attese dalla primavera 2020 anche una serie di misure riguardanti il settore agroalimentare, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura, limitare l’uso di agrofarmaci e fertilizzanti, preservare la biodiversità, e garantire a tutti l’accesso a un cibo sano, sicuro e di qualità. Sono queste le prime indicazioni della strategia “From farm to fork” uno dei cardini del Green Deal Europeo. Ma come si presenta l’Italia e, in particolare, il settore primario, alla vigilia di questa importante svolta?
L’11 dicembre scorso la Commissione Europea ha lanciato il primo piano europeo sul clima: l’European Green Deal, presentandolo come il più ambizioso pacchetto di misure che permetterà all’Europa di diventare il primo continente climaticamente neutro entro il 2050.
Il Piano green europeo promette un dispiegamento di risorse finanziarie senza precedenti: mille miliardi di euro di investimento in dieci anni, mobilitando fondi comunitari, quote in cofinanziamento da parte degli Stati membri e risorse private da attivare mediante prestiti dell’Ue. Non si conoscono ancora nel dettaglio le singole misure, che verranno rese note nei prossimi mesi, ma è ben chiara la rotta che il nuovo Commissario Ursula Von der Leyen ha voluto imprimere al vecchio Continente per fronteggiare i cambiamenti climatici e l’innalzamento delle temperature, in gran parte causati dalle emissioni serra delle attività antropiche. Una roadmap verso un traguardo ambizioso, articolato su diversi piani di azione che coinvolgono praticamente tutti i settori produttivi e che molto probabilmente andranno a incidere sulla vita quotidiana dei ciascuno di noi.
Gli interventi che verranno messi in campo sono in estrema sintesi:
- Aumento degli obiettivi climatici entro il 2030 e il 2050
- Fornitura di energia pulita, accessibile e sicura
- Mobilitazione dell’industria per un’economia pulita e circolare
- Edilizia efficiente sotto il profilo energetico e delle risorse
- Zero inquinamento ambientale
- Tutela e ripristino della biodiversità
- Food system equo, salubre e sostenibile
- Accelerazione della transizione verso una mobilità smart e sostenibile.
I principali punti della strategia “from farm to fork“
Naturalmente anche il settore agricolo è chiamato a contribuire a questa importante missione, riducendo il suo impatto sull’ambiente, aumentando la produzione biologica, preservando la biodiversità, affrontando i cambiamenti climatici e assicurando la fornitura di cibo di qualità e a prezzi accessibili. Sono queste le prime indicazioni sul capitolo del green deal, dedicato all’agroalimentare e denominato from farm to fork, che verrà presentato nella sua interezza nella primavera del 2020.
L’agricoltura è infatti non solo vittima dei cambiamenti climatici ma anche tra i principali artefici. Le monocolture intensive destinate a soddisfare il fabbisogno alimentare degli allevamenti animali sono ad esempio tra i settori che emettono più CO2 (il principale gas ad effetto serra) in atmosfera, paragonabile solo a quello di tutti i trasporti messi insieme.
Italia ai primi posti in Europa su molti dei paradigmi cardine della svolta green europea
Ma come si presenta l’agricoltura italiana alla vigilia del green deal europeo e della strategia farm to fork? Da un’indagine Nomisma presentata a febbraio di quest’anno in occasione della 114ma edizione di Fieragricola di Verona, emerge un quadro rassicurante sotto diversi punti di vista. L’Italia, rivela il report, è già in vantaggio su alcuni dei paradigmi cardine della svolta green dell’Europa, come la salubrità e la sicurezza dei suoi alimenti, l’agricoltura biologica, la biodiversità, l’attenzione agli sprechi nonché il livello di fitofarmaci e di emissioni di gas serra. Per contro, lo Stivale paga alcune importanti lacune strutturali come la gestione non ottimale di acqua in alcune zone, oltre all’erosione e al consumo di suolo.
Italia leader per sicurezza alimentare e per superfici investite a bio, mentre calano le emissioni di Co2
Più nel dettaglio, relativamente alla salubrità e alla sicurezza degli alimenti, secondo i controlli dell’autorità per la sicurezza alimentare (Efsa), l’Italia è in cima all’Europa per assenza o limitata presenza di residui nei cibi, prima di Francia, Spagna e Germania. Buone notizie anche sul fronte degli sprechi, con i rifiuti alimentari pro-capite (126 kg annui) del 16% inferiori alla media europea e in forte calo nell’ultimo decennio. Lo Stivale detiene poi il record Ue di superficie e incidenza bio per seminativi e colture permanenti con 1,5 milioni di ettari, davanti a Francia, Spagna e Germania, mentre calano anche le emissioni di gas serra (-12,3% negli ultimi vent’anni secondo Eurostat), che incidono per il 7% sul totale delle emissioni contro il 10% della media europea.
Fonte: Infografica Creemlab per Ettore Fieramosca su elaborazioni Nomisma
Agrofarmaci e fertilizzanti quasi dimezzati negli ultimi 10 anni
Ma la sensibilità green degli agricoltori e dei prodotti italiani è ancora più evidente alla prova di agrofarmaci e fertilizzanti. Infatti, secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), nell’ultimo decennio se ne è fatto sempre meno uso e spesso i consumi si sono dimezzati: è il caso degli insetticidi (da 1,2 kg di principi attivi ad ettaro a 0,6 kg), dei fungicidi (-30%), degli erbicidi (-20%), ma anche di azoto (-25%), anidride fosforica (-36%), ossido di potassio (-50%).
Lo stivale campione di Biodiversità, con un patrimonio di produzioni di qualità che non ha eguali al mondo
Da evidenziare poi che l’Italia è l’unico Paese al mondo che può vantare 299 indicazioni geografiche riconosciute a livello comunitario per i prodotti alimentari (di cui 167 DOP, 130 IGP e 2 STG) e 523 per il comparto dei vini. A questi prodotti, registrati a livello Ue, si aggiungono 5.155 prodotti agroalimentari tradizionali riconosciuti dalle Regioni italiane. Un risultato, mette in rilievo l’ultimo rapporto GreenItaly della fondazione Symbola, reso possibile dalla grande biodiversità del patrimonio vegetale e animale, con la presenza sul territorio nazionale di 7 mila specie di flora, 58 mila specie di animali, 504 varietà iscritte al registro viti (contro le 278 della Francia) ma anchedi 533 varietà di olive rispetto alle 70 spagnole. La straordinaria biodiversità degli allevamenti italiani ha permesso di salvare dalla estinzione ben 130 razze allevate.
Primati negativi: consumo idrico e del suolo
Anche nella tutela delle aree boschive l’Italia è stabilmente nella top 5 dei Paesi Ue, mentre un fronte sicuramente più problematico riguarda la gestione delle risorse idriche, dove il Belpaese risulta fanalino di coda in Europa nel rapporto prelievi/risorse idriche e dove l’agricoltura incide per la metà sui consumi idrici della nazione. Un problema strutturale da mitigare attraverso sistemi intelligenti di gestione – come l’irrigazione di precisione – al pari dei consumi di energia da fonti rinnovabili che nel primario rappresenta solo il 2% dei consumi totali. Gravosi infine, e sempre più nemici della preservazione del territorio e dell’ambiente, i fenomeni di consumo del suolo, cresciuti del 50% solo negli ultimi 30 anni, così come l’erosione da acqua che vede il nostro Paese in cima alla classifica europea per i danni inferti al territorio da tali eventi metereologici. In media in Italia si verifica un’erosione di quasi 9 tonnellate di suolo per ettaro all’anno, contro i 4 della Spagna e i 2 della Francia.